Newsletter
Nr. 01 - Giungo 2007
SOMMARIO
- La Newsletter... e Internet, il killer della passione via e-mail (di Luca Siani)
- Ore di ginnastica I parte: la prof. Tamagnini (di Laura Locatelli)
- Il primo capitolo di "Afganistan, crocevia della guerra" (di Emanuele Giordana)
- Passioni Feline alla Casa del Pane
- Cuori solitari (di luca siani ed elena corti)
gentile carducciano,
ecco il numero 1 della newsletter degli ex liceali di via Beroldo
La Newsletter carducciani@okgiocacon.it attende i tuoi contenuti, opinioni e domande...
Attendiamo comunicazione di tue iniziative culturali, professionali, e ludiche.
1. La Newsletter...
e Internet, il killer della passione via e-mail
di luca siani
Chi siamo, cosa vogliamo, da dove veniamo? Che senso ha la nostra associazione, come aprirla al mondo e al nostro presente?
Domande che non sono solo metafisiche. Chi di noi non ha per un attimo temuto che un'associazione fondata su un momento importante del nostro passato forse rischiasse l'operazione da naftalina?
Ricordi, belli e brutti... Uno sguardo maturo al passato, un'evasione dal presente alla ricerca di un nostalgico passato e, poi, l'idea, magari, di potere essere utili alle nuove generazioni del Carducci, di poter dare loro quel vitale contatto con il mondo del lavoro che non sempre ricevemmo ai nostri tempi; l'idea, più sottile, di poter cogliere accenni e fermenti fruttificanti per noi di rivitalizzante gioventù nel contatto con gli studenti di oggi.
Tutto questo può essere possibile, ma non basta la nostalgia e l'utilizzo di quanto avvenuto. Non basta essere memoria del passato al Carducci per portare qualcosa di nuovo a noi e ai carducciani del presente.
Quel che mi ha spinto a un tentativo di comunicazione più mediato qual è quello di una newsletter è il desiderio che le nostre vite attuali possano essere aiutate da questa associazione. Che le nostre esperienze professionali e culturali, anche ludiche, possano offrire qualcosa di più.
Il desiderio è la comunicazione fattiva e quando possibile "utile" prima di tutto per ciascuno di noi! Fin'anche alla possibilità che ci sia un piccolo luogo che ci aiuti a guadagnare: economicamente, culturalmente, formativamente, ludicamente, amichevolmente...
Il guadagno non è parola che deve interessare solo i laureati della Bocconi, non c'entra solo con l'economia o il vil danaro. Ognuno lo interpreti come vuole, ma perchè un artista non dovrebbe potere fare conoscere la propria opera a uno sguardo attento di ex compagni di scuola? E se poi da questo sguardo nascesse un articolo su un giornale o una segnalazione a uno sponsor o un buon passaparola o l'acquisto di sue opere? ci farebbe tanto scandalo? E se dalla comunicazione della sua esperienza un giovane carducciano si ponesse delle domande sul suo futuro e chiedesse consigli?
Tutto ciò sarà possibile solo quando riusciremo a comunicare le nostre esperienze ed occasioni attuali oltre al legame con il nostro passato che le ha resi possibili.
E, allora, Newsletter! Che poi è solo uno dei tanti possibili strumenti, per giocare, simpatizzare, conoscersi, creare occasioni di incontro e di rapporti nuovi e fecondi.
Raccontiamoci, dunque, anche al presente. Il nostro presente illumina il nostro passato. Sembra una sciocchezzuola filosofica da spot, ma tu non concordi sul fatto che ora, con il tuo presente, riesci a guardare in modo più consapevole il tuo passato al Carducci?
E poi, ancora, non ammuffiamoci! Incontriamoci, se lo desideriamo, senza aspettare le super occasioni ufficiali dell'associazione (che poi sono anche costose per l'associazione). Cinema, corsi di sport vari, pizzerie, ristoranti, serate; diamo vita a qualcosa di nuovo "insieme".
Non so se riusciremo! Mollo per un attimo l'ottimismo. Volevamo solo un momento di nostalgia? Vogliamo "lavorare" per costruire questa novità con radici nel comune passato?
Intanto una prima sconfitta alla nostra voglia di comunicare l'abbiamo notata tutti. Il forum ha ucciso la comunicazione spontanea. Posso dire "l'avevo detto"! Non che il forum non sia positivo (sebbene un forum troppo mediato da un moderatore non abbia molto senso), ma era un'altra cosa trovarci sulla nostra casella i messaggi di tanti nostri ex compagni. Era spontaneo e più diretto. Ora la mediazione richiesta per comunicare è maggiore, più complicata e tecnologica, richiede una maggior distrazione da quel che le nostre giornate già comportano. E' tale la mediazione che quasi diventa più immediata una newsletter di un forum (ovviamente trattasi di un paradosso!)
Cosa si sarebbe dovuto fare, cosa si potrebbe fare secondo me?
un forum (ok!) e due mailing list (di cui una collegata con il forum) oppure solo due mailing list.
Nel primo caso si sarebbe dovuto fare in modo che quanto pubblicato sul forum arrivasse direttamente sulla casella e-mail di tutti coloro che lo desiderassero e che direttamente dall'e-mail fosse possibile scrivere anche al forum. Laddove la soluzione tecnologicamente fosse stata troppo difficile da realizzare, allora si poteva solo raddoppiare le mailing: nella prima lasciare la voglia di comunicare e raccontarsi quasi istantaneamente (qui sì che una minima moderazione preventiva può essere utile) a tutti coloro che non sono disturbati da troppa messaggistica. Nella seconda, più meditata dare i contributi e gli avvisi più importanti alla vita dell'associazione.
Chiudendo: non so che vita potrà avere questo piccolo strumento, ma so che dipende dalla nostra voglia, dalla tua voglia di contribuire, proponendo alla redazione (che ha già 3 collaboratori): 1) tuoi scritti del passato e del presente (anche solo poesie, racconti, epistolari di qualunque tipo, temi di allora, articoli); 2) proposte di iniziative (come già detto) che siano occasioni di incontri anche numericamente limitati; 3) momenti culturali cui ci si possa aggregare; 4) proposte di sconti o di occasioni favorevoli che nelle nostre professioni possiamo proporre agli altri associati o agli studenti...
In particolare momenti culturali che abbiano a che fare con il nostro lavoro e la nostra opera quotidiana.
Per il prossimo numero, nel caso dovesse esserci ;-), attenderei volentieri, in particolare, altri contributi sulle ore di ginnastica e sui prof. Minari e Bottà. Con questa prima comunicazione il primo contributo "ginnico" è di Laura che ricorda la Tamagnini...
2. Ore di ginnastica I parte: la prof. Tamagnini
di Laura Locatelli
Una doverosa premessa: alzi la mano chi di noi femmine ha conservato un ricordo significativo della propria insegnante di educazione fisica.
Comunque.
Liceo Carducci, metà degli anni '70, palestra femminile, un'ora di supplenza di ginnastica. A dirigere un gruppo di ragazzotte non particolarmente motivate comparve la Tamagnini, con il suo aspetto emaciato e il look assolutamente anacronistico, pur se perfettamente curato.
Mi sembrava vecchissima - ma sappiamo ormai che ciò che appare vecchio a un adolescente il più delle volte vecchio non è - e, in quanto tale, non capivo le attenzioni che evidentemente riservava alla dimensione estetica della sua persona. Soprattutto considerato che era, appunto, un'insegnante di ginnastica e avrebbe dovuto invece svolazzare sulla cavallina o dentro e fuori dal quadrato svedese in abbigliamento consono. Tipo quelle orrende tute blu elettrico con doppia striscia bianca laterale ed elastico alla caviglia che molte di noi, ahimé, indossavano!
Al contrario, Lei se ne stava pressoché immobile, impeccabile nel suo tailleur pantalone beige chiaro, impartendo in tono perentorio una serie di ordini a cui noi non eravamo abituate.
Ricordo il fastidio che tali ordini provocarono in noi.
Ma soprattutto ricordo la vergogna che tutte noi provammo quando Lei interruppe il giro di corsa ai bordi della palestra gridando "A ritroso!".
Ci bloccammo tutte, guardandoci esterrefatte l'una con l'altra. Nessuna di noi, infatti, aveva capito l'ordine, poiché nessuna di noi sapeva cosa significasse "a ritroso" (a nostra discolpa posso dire che non avevamo ancora letto Huysman).
Dall'alto della sua superiorità estetica, la Tamagnini ci guardò con una sorta di malcelato raccapriccio e si limitò a ripetere lo stesso ordine in volgare.
3. Il primo capitolo di "Afganistan, crocevia della guerra"
di Emanuele Giordana
Cari Carducciani,
maturato negli anni Settanta (sezione C) partii per l'Afghanistan, allora sorta di viaggio all'Eden che ha poi costituito per me un buon retaggio da cui ripartire per fare il giornalista. Vi mando il primo capitolo di un libretto sul paese ("Afghanistan" Editori riuniti) testè uscito in libreria. Comincia proprio da quel periodo in cui noi avevamo vent'anni e, con la testa un po' nelle nuvole (di fumo), godemmo dell'ultimo sprazzo di pace di una grande paese e di un grande popolo. Prima dell'abisso.
L' "età dell'oro" (1974)
Passare il posto di frontiera iraniano di Tayebad era come attraversare l'inferno. I sapienti poliziotti dello Shah di Persia, impeccabili nelle loro divise di taglio occidentale, avevano creato una sorta di corridoio obbligato in cui turisti e viaggiatori dovevano fiancheggiare una specie di cimitero del trafficante: batterie di automobili scardinate, scatole di conserva svuotate, tubetti di dentifricio squarciati, tubolari di zaino divaricati, automobili ridotte a carcassa dai vigili meccanici iraniani. Il messaggio era chiaro: chiunque di ritorno dal paese di cui si stava per varcare la frontiera avesse tentato di contrabbandare hascisc o oppio, sarebbe stato scoperto, quale che fosse l'astuto trucco immaginato. Il resto sarebbe stato il tanfo di una galera e anni da passare dietro le sbarre di qualche prigione della dinastia Palhavi.
Il paese in cui si stava per entrare era l'Afghanistan. La casa matta della dogana appariva, al di là della no man's land, come un vecchio edificio non meno scalcinato della divisa del funzionario di frontiera che, ricoperto da una sgualcita giacca all'europea degli anni Quaranta, esibiva, come possibile riconoscimento, un distintivo con la scritta douane. E si, perché era il francese la lingua franca straniera del regno e, all'epoca, quella della neonata repubblica dell'Afghanistan di Muhammad Daud. Il doganiere marcava il passaporto stampigliando un timbro sbavato di inchiostro bluastro e, subito dopo, si occupava di vendervi la prima stecca di "afgano nero", l'hascisc più famoso d'Oriente. Un pulmino scalcinato ma funzionante attendeva l'allegra comitiva e poi via, verso Herat. Alla prima sosta in una chaikanà, dove uomini, cavalli e cammelli si fermavano per un bicchiere di te bollente, fieno o un kabuli palau, si veniva proiettati nel mondo fantastico di un medioevo islamico che sembrava un tuffo nel passato. Vecchi con il lungo turbante che ricopriva volti seccati dal vento e incorniciati da barbe lunghe e candide. Giovani cavalieri con coperte di lana drappeggiate come mantello e abiti larghi e fruscianti usciti da iconografie ottocentesche da Mille e una notte, con i lunghi gilé e i sandali bistrattati da rocce dure e deserti sabbiosi. Piccole teiere smaltate sui lungi bancali di legno ricoperti da tappeti colorati e sdruciti su cui il pellegrino si sdraiava. E fuori un sole feroce e, di notte, una luna abbagliante in un gelo pungente, nel cielo sempre terso e lucido su un paesaggio brullo e ostile, solcato dalle tribù nomadi che scelgono la frescura della notte per attraversare le pianure.
Così si presentava agli occhi dei giovani viaggiatori occidentali il paese al mondo che meno aveva risentito dei grandi cambiamenti che, dalla rivoluzione industriale a quella francese, hanno attraversato tutti i continenti, lo si volesse o meno. L'Afghanistan sembrava immune non solo dalla modernità, ma da qualsiasi forma di omologazione al resto del pianeta. Le automobili erano una rarità, le ciminiere delle industrie un incubo mai provato, i simboli del benessere - telefoni, televisori, radio - un lusso per pochissimi che del resto sembrava non aver ragion d'esser in un luogo del mondo dove tutto era essenziale e spartano, tanto "primitivo" da apparire alle giovani avanguardie della società dei consumi un paradiso in terra. Senza orari, come si diceva allora, e senza bandiera.
In realtà la bandiera della repubblica, dal 1973, sventolava sui pennoni di Kabul a ricordare che la monarchia afgana era ormai un ricordo e che l'ambizioso presidente Daud, che con un colpo di mano aveva detronizzato il re mentre si trovava a Capri, stava per proiettare il paese nel grande gioco della modernità. Era quella un'epoca che in realtà stava per diventare la terribile anticamera di una guerra iniziata con l'invasione sovietica del 1979 ma che, fino alla metà degli anni Settanta, fece godere all'Afghanistan l'ultimo sprazzo, non solo di pace, in un paese comunque abituato a convivere con le armi, ma di apertura verso l'esterno. Apertura che, per un paese ai confini del mondo, diventava conoscenza diretta della diversità. Quel variopinto movimento di giovani "sballatoni" fu in un certo senso un'occasione. Tacciati a casa propria di essere dei perdigiorno o di aver voluto sfuggire la realtà per rifugiarsi, come cantava Giorgio Gaber, "in India o in Turchia fingendo di essere sani", gli hippy o freak degli anni Settanta furono per l'intero Afghanistan la prima scintilla di diversità culturale con cui il paese aveva a che fare e che assai poco c'entrava con gli spioni russi o le truppe dell'India britannica. O con la Coca Cola, raro prodotto della società del benessere. E' tanto più vero oggi che, se chiedete a un kabulino cosa ricorda o ha sentito di quegli anni, vi risponderà: "Era l'età d'oro di Kabul, mistèr". Un'età dell'oro che stava per concludersi, senza che se ne percepissero le avvisaglie, sprofondando l'Afghanistan in un abisso.
4. Passioni Feline
alla Casa del Pane (di cui è direttore: Luca Siani)
A MILANO LE "PASSIONI FELINE"
DELLE GRANDI STAR DEL SECOLO
120 anni di immagini in mostra dal 21 al 25 giugno 2007 presso la Casa del Pane (www.casadelpane.net) che immortalano personaggi famosi del passato e del presente con i loro amati felini.
Woody Allen, la bellissima Ursula Andress, Romy Schneider, il regista John Cassavetes, il celebre pittore Gustav Klimt e il regista e sceneggiatore Alberto Lattuada, sono solo alcuni dei celebri protagonisti della mostra "Passioni Feline".
Passioni Feline è la prima mostra fotografica dedicata al rapporto tra le stelle dello spettacolo e non solo e i loro più preziosi diamanti, ovvero i loro gatti. Una carrellata di preziose fotografie protagoniste nella mostra promossa da Gourmet Diamant e in collaborazione con Alinari di Firenze, il più antico e prestigioso archivio iconografico italiano che consta di un patrimonio di oltre 3.500.000 foto di proprietà.
Gli scatti in mostra raccontano il legame tra divi di ieri e di oggi e il loro amato felino. La storia dell'amore per i gatti ripercorsa attraverso le grandi star dello spettacolo e non solo, lungo 120 anni di immagini uniche: dai romantici momenti di Tina Pica ed Elsa Merlini catturati dall'obiettivo ai rarissimi ritratti di fine Ottocento, come quello che immortala una geisha dell'imperatore del Giappone con il suo gatto.
Emozionanti le immagini rubate alla quotidianità di volti noti attraverso gli scatti di sapienti maestri della fotografia come Sam Shaw, scultore, pittore, regista e fotografo newyorkese che ha firmato con successo ritratti di star hollywoodiane e pellicole intramontabili, o Wanda Wulz, artista triestina futurista, tra le prime a studiare e a realizzare immagini fotografiche con la tecnica del fotomontaggio. La sua celeberrima creazione "Io+Gatto", icona della mostra, raffigura la storia di una passione inscindibile. Wanda esprime tutta la sua sensibilità, sensualità e il suo fascino misterioso sovrapponendo il suo volto a quello del suo gatto. Si vede e si immagina così, in una simbiosi poetica con il suo prezioso compagno.
Ingresso libero
Immagini disponibili su www.alinari.it/mostre/gatti/index.html
Orario: tutti i giorni, dalle ore 10 alle 19
5. Cuori solitari
di luca siani ed elena corti (in minuscolo)
vogliamo ridere?
perchè dell'amore, mi insegnò un famoso giornalista italiano, si deve ridere, se vogliamo continuare ad amare.
ridiamo delle nostre sfighe e magari raccontiamocele pure.
del week end di fuoco e passione al primo incontro, 48 ore terminate con una cistite per lei, con tanto sonno per lui; definitivamente chiuse perchè lei vuole rimanere libera di giostrarsi i suoi mille corteggiatori quando capiti, perché è tutta tesa a fare soldi per mantenere sè stessa e le sue due figlie... e lui ha bisogno di troppe conferme subito.
delle due serate di romanticismo chiuse perché lei parrucchiera dice che lui intellettuale parla troppo e perché lui la trova discontinua e dura, incapace di collegare immediatezza e profondità, un binomio da utopia...
e poi separazioni, solitudini, voglia di ricominciare...
e noi ricominciamo divertendoci, indipendentemente da quel che succederà. ci racconteremo, ti racconterai? con una griglia che io ed elena abbiamo costruito in due tre giorni.
prima di tutto, da fare sorridere è la griglia.
i risultati invece saranno molto poco raccontati. li racconteremo solo a chi manifesta un minimo di compatibilità, è single e vuole ricominciare.
insomma, se corrispondi a questo identikit, compila (seguendo le istruzioni) la griglia che è in allegato, e inviamela. La rimanderò ANONIMAMENTE solo a chi corrisponde e solo dopo avere chiesto il preventivo parere del soggetto che si autoritrae e dipinge il suo lui/lei ideale.
se no, semplicemente, commenta l'iniziativa e dacci altri suggerimenti.
Intanto c'è qualche single? facciamo una statistica? i Carducciani tendono geneticamente al matrimonio? alla separazione? al divorzio? alla paternità e maternità? alla singolarità? alle vocazioni religiose? alla castità? al sesso libero o libertino?
al di là della griglia, scrivici le tue esperienze e raccontati, indicando se vuoi rimanere anonimo o meno.
potrebbe essere un modo per assimilare le sfighe, sorridendoci e raccontandosi...
|