In memoriam

 

Prof. Luigi Tropia

Insegnò latino e greco nelle sezioni G ed H poi venne trsferito ad altro liceo.
Pensionato si dedicò alla religione e venne ordinato sacerdote.
Era un prof eccezionale,  tenne un doposcuola bisettimanale  a tutti noi di III G cui avevano per l'ennesima volta cambiato la maggior parte degli insegnanti.

Silvio Cicuto


Ricordando Don Luigi Tropia

Il 6 gennaio del 2005, festa dell’Epifania del Signore, Don Luigi Tropia si è unito alla schiera di coloro che si sono incamminati per andarLo ad adorare. Immagino che il breve tratto che lo divideva da Lui lo avrà percorso premuroso, sorridente e un po’ ciondolante come lo abbiamo conosciuto negli anni in cui ne siamo stati allievi e abbiamo imparato da lui il greco e il latino. Del greco e del latino Tropia era un conoscitore impareggiabile e li sapeva insegnare come pochi: pochi, infatti, sanno amare così tanto scienza e allievi da saper trarre dalla prima i contenuti che fanno crescere e da indurre gli allievi ad avvicinarsi alla scienza per la curiosità e il desiderio di apprendere ciò che sentono vero per sé.
Tropia insegnò pressoché tutta la vita lettere classiche al liceo, a Milano, a Campobasso (per lo straordinariato) e a Roma. Le sue lezioni erano attese, nel senso letterale del termine: gli studenti, che conoscevano l’arguzia e le sottigliezze verbali e concettuali delle quali era capace, aspettavano le lezioni di latino e greco perché con lui si divertivano e, quasi senza accorgersi, imparavano, e tanto. Estraneo ad ogni schema e convenzione, educatore nato, istintivamente trascinatore, egli ci ha guidato in un percorso che ha segnato la vita di molti di noi, che ne siamo stati discepoli fedeli e amici e che oggi lo ricordiamo col cuore pieno di gratitudine e di riconoscenza.
L’esperienza certamente più intensa fu l’insegnamento scolastico; accanto a questo, negli anni in cui ci si incontrava al Centro “Charles Peguy”, in via Dante e in via Ariosto, Tropia aveva raccolto intorno a sé un gruppetto di studenti di lettere classiche quasi tutti della Cattolica (eravamo una diecina) con i quali iniziò la lettura di una tragedia (era l’Edipo a Colono, di Sofocle). Man mano che la lettura progrediva, la chiave interpretativa suggerita da Tropia prendeva forma e diventava evidente. Nella tragedia greca avevamo imparato a riconoscere la ricerca appassionata del vero e l’attesa sempre più pressante della rivelazione della Verità, e quindi l’evidenza del Mistero. Tropia ci insegnava a leggere i classici con gli occhi e il cuore di chi ha conosciuto la verità. Questo non ci allontanava dalla loro esperienza ma li avvicinava a noi e ci rendeva partecipi delle loro riflessioni: era il modo di attualizzarli in tutta la drammaticità della loro umanità. Ciò rendeva possibile una indagine culturale fatta non più di paradigmi verbali ma imperniata sul riconoscimento del senso religioso degli antichi (l’esperienza del presente rendeva comprensibile nella sua pienezza l’esperienza del passato: questo modo di avvicinare i classici – il gruppetto si riconosceva nel nome di ‘Gruppo classico’ e non ebbe un ruolo del tutto marginale nella storia del Movimento – consentì interessanti esperienze di verifica e soprattutto formò una generazione di docenti che ancor oggi, con ‘diadochi’ ed ‘epigoni’, è presente in scuole e università e trasmette la propria esperienza culturale). La vita del ‘Gruppo classico’, tuttavia, non si esauriva in un lavoro culturale ma era alimentata dalla lettura e dalla meditazione della liturgia settimanale, che, guidata da Tropia, era condotta solitamente sul testo greco nell’edizione canonica del Merk. La sensibilità di Tropia suggeriva dimensioni interpretative del lessico religioso greco e latino nuove e arricchenti, capaci di far maturare la nostra fede e, con essa, la fedeltà all’esperienza, che era poi quella del Movimento.
Credo che la data più importante della vita di Tropia sia stata la sua ordinazione sacerdotale, avvenuta a Lanzo Torinese, il 15 luglio 1977, quando Tropia aveva da tempo superato i cinquant’anni (era nato l’11 gennaio 1923): essa concludeva nel modo più naturale il lungo cammino di riflessione e di conversione di Don Luigi. A Roma, dove trascorse gli anni successivi, ma con frequenti ritorni a Torino e Milano, insegnò in numerosi licei classici e molti ancora furono gli allievi.
Dicevo sopra che l’arguzia di Tropia era proverbiale ed episodi e aneddoti non mancano a riprova di questo. Ne ricorderò uno, forse il più celebre, che farebbe sicuramente sorridere anche lui. Negli anni della dura contestazione al Berchet, dove Tropia insegnò per diversi anni, era stata tracciata una scritta sui muri esterni del liceo che diceva: «Via Tropia dalla scuola». Tropia suggerì agli studenti di GS di cancellare «dalla scuola» e sostituirlo con «già Via Commenda»: da esule auspicato Tropia era diventato intestatario di una strada milanese!
Tropia condivise con Don Giussani l’esperienza del Movimento, ed anche se per le vicende della sua vita non ne divenne in seguito un protagonista, egli ne fu sempre parte, spesso con profonda nostalgia. E’ giusto ricordarlo ai molti di noi che hanno avuto il dono di essergli in un modo o nell’altro vicini o vicinissimi.

Alfredo e gli amici del Gruppo classico